Il vaffanculo di dieci anni fa non era una protesta, uno sfogo di cittadini frustrati ma l'interruzione definitiva del dialogo tra quei cittadini e una classe politica, che aveva un nome ed una connotazione precisa: "la kasta".
Era la presa d'atto di una parte sempre più consistente dei cittadini italiani che il sistema politico della delega non era più sostenibile, l'autocoscienza che l'unica alternativa era rimboccarsi le maniche e cacciare dalle istituzioni i predoni.
Quel vaffa fu sottovalutato dai politici presi come al solito, dalle loro manovre di palazzo, dalla spartizione di poltrone. Una fortuna inaspettata per un nascente movimento che sarebbe stato spazzato via se solo quella gentaglia avesse compreso da subito, la portata politica del nostro gesto.
Immaginate se l'attuale offensiva mediatica, a testate e reti televisive unificate, fosse arrivata, prima che il #M5S avesse potuto dare prova della propria coerenza, rinunciando agli stipendi, ai rimborsi elettorali e ai tanti privilegi. Se Di Battista, Di Maio, Fico e tantissimi altri noti e meno noti, non avessero avuto l'occasione di dimostrare che semplici cittadini, onesti e motivati, possono guidare il nostro Paese meglio dei "professionisti". Oggi il MoVimento non esisterebbe o avrebbe un peso marginale nella politica. Invece no!
I media, liberi una volta tanto, non censurarono quell'evento, anzi alcuni di loro, nel tentativo maldestro di trarre profitto, diventarono megafono di quel che accadeva, contribuendo senza volerlo al successo del MoVimento.
Anche l'intellighenzia ribelle che, dalle comode poltrone dei Talk Show, criticava il potere, pensò a quella piazza come ad una delle tante da cavalcare, per continuare a meritarsi lo stipendio che ogni finta democrazia riserva ai "rivoluzionari istituzionalizzati". Penso a Santoro, Lerner, Stella ed altri che da una vita erano la spina nel fianco della kasta e che da una vita continuavano ad esserlo senza sortire alcun effetto.
Ancora oggi rido pensando all'inettitudine di "Fassino" che arrivo persino ad indicarci la strada. "Si faccia un partito" gridò a Beppe Grillo che forse sino a quel momento non ci aveva ancora pensato.
Dopo il botto alle elezioni siciliane che solo Napolitano non aveva sentito ed il successo alle politiche del 2013, si svegliarono. Ancora intontiti, alcuni di loro pensarono di inglobarci ed invitarono il M5S al banchetto. Antropologicamente diversi, non si aspettavano il rifiuto di tradire i cittadini e spartire poltrone "come fan tutti". Tentarono di depotenziare il MoVimento affidando il potere ad un comico, Matteo Renzi. Come se il successo del MoVimento venisse dalla professione di Beppe Grillo, invece che dalla sua straordinaria capacità di intuire le cose.
Renzi il rottamatore fu contrapposto a Grillo, ma le parole non bastarono, così come non bastarono 80 euro al mese per comprare elettori che non tardarono poi a dargli il benservito.
Ed ora siamo qui a metà del guado, il punto più pericoloso della traversata, quello in cui onde e venti sono più forti. Ma il punto in cui siamo è anche la condizione ideale perché ogni cittadino scelga in libertà dove andare. La paura di perdere quel poco che ci è rimasto non può a questo punto più condizionarci, giacché il rischio di perdere tutto nel tornare indietro o proseguire è matematicamente identico.
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