venerdì 11 settembre 2015

Parole, parole, parole.


Domani si ripete il rito della discesa a Bari del Presidente del Consiglio per l'inaugurazione della Fiera del Levante. Tutti in attesa che si rinnovi il miracolo della “promessa vana” che si ripete ininterrottamente da quasi ottant'anni. 

Mussolini è stato il primo di una lunga serie di uomini politici che si sono succeduti alla Fiera del Levante a promettere un benessere e uno sviluppo che mai veramente si sono realizzati nel meridione. E dopo il ventennio fascista e il suo tragico epilogo, arriviamo agli ultimi venti anni forse meno tragici ma altrettanto carichi di chiacchiere. Da Craxi e Andreotti a Berlusconi, Prodi e D'Alema, passando per Monti, sino a giungere a Renzi.
Ogni volta fiumi d'inchiostro sciupati a generare aspettative puntualmente tradite.

Anche quest'anno tutti a interrogarsi su ciò che dirà Renzi “L'ex rottamatore” al non ancora rottamato Emiliano che, dopo le regionali, attenta alla sua poltrona. Come se parole vuote potessero qualcosa contro gli interessi dei finanziatori delle loro campagne elettorali, che vogliono un meridione così com'è. Un enorme discarica in cui seppellire rifiuti più o meno tossici, un economia industriale pesante capace di produrre, finanziata dallo stato, soltanto morte e distruzione del territorio. Un immenso serbatoio di voti da scambiare con promesse e ricatti.
Cosa cambierà dopo il discorso di Renzi? Le nostre coste, il nostro mare, la nostra economia non saranno certo messe al riparo dalle minacce dell'industria petrolifera, dal business delle grandi e inutili opere come il TAP. Taranto continuerà ad essere un posto in cui morire o da cui emigrare o entrambi. Stretta tra un inquinamento, i cui effetti sono tristemente certificati dai dati epidemiologici, e il ricatto del lavoro. Identica la sorte di Brindisi e delle altre aree industriali pugliesi più fortunate, ma non troppo. 
Ed Emiliano, Presidente della Regione Puglia, che con la complicità di stampa e televisioni, ha costruito l'immagine del vincitore della competizione elettorale, per poi attrarre a sé un esercito di quattrocento candidati in cerca di poltrone. Un uomo che in dieci anni da Sindaco non ha fatto nulla per la sua città, quali parole potrà pronunciare, per cambiare la situazione di una regione in cui un giovane su due è senza lavoro? Una regione in cui le cambiali elettorali da lui sottoscritte ai suoi finanziatori, lo privano della libertà indispensabile ad agire nell'interesse dei cittadini. La rivalità tra lui e il Presidente del Consiglio e la lotta che ne deriva nella sgangherata coalizione che lo sostiene, non potranno portare nulla di buono oltre che parole. 

Parole di cui io sono stanco e che suonano nella mia mente come quelle di Alberto Lupo nel fantastico duetto con Mina, che ascoltavo quando ero bambino. 
“Parole, parole, soltanto parole”.

Parole che non tolgono l'appetito di chi ha fame e non scaldano il cuore più a nessuno. Nemmeno a quei pochi che, per paura di perdere il poco che gli resta, lo sostengono.