Gli italiani rispetto alla gestione della pandemia COVID19 si sono purtroppo divisi. Certo non era il momento migliore, ma si sa noi italiani siamo fatti così!
C'è un segnale però da cogliere: la divisione, questa volta, non è riconducibile alla politica, anzi i "partiti tradizionali" faticano ad orientarsi e continuamente si contraddicono, nel tentativo di strumentalizzare anche questa tragedia.
C'è chi tra noi reclama prudenza e progressività nell'uscita dal lockdown e chi invece è convinto che sia già arrivato il momento di tornare alla vita di sempre. Questi due schieramenti con le loro motivazioni più o meno condivisibili, sono destinati naturalmente a sgretolarsi nell'approccio ad altri temi, perché ovviamente differenti saranno le sensibilità ed i punti di vista.
Sono i prodromi di un modello di democrazia avanzato, quello in cui cittadini informati si confrontano sui temi e, attraverso una piattaforma tecnologica, decidono la soluzione?
Non lo so, forse è presto per dirlo!
Certo però sono innegabili i sintomi di una rinnovata voglia di partecipare alla vita "Politica" che si aggiungono alla estrema variabilità dei responsi elettorali in questi ultimi quindici anni.
Una spiegazione anche per la sempre più marcata disaffezione al voto che non può più essere ricondotta solo ed esclusivamente alla evidente inaffidabilità dei partiti, ma anche, almeno in parte, al rifiuto del "pacchetto unico" in cui contenere le diversificate aspettative dei "singoli" cittadini.
La risposta all'individualità degli elettori sino ad ora è stata gestita dalla classe politica, attraverso tecniche derivate dal marketing e dalla comunicazione, sempre più sofisticate. Qualcosa che ha trasformato i partiti alla stregua di prodotti; detersivi tutti uguali tra loro, tutti incapaci di togliere le macchie per le quali sono stati acquistati.
Ma così come l'individualità dei cittadini, la loro operosità, costituisce un valore economico per la società, allo stesso modo l'individualità degli elettori può trasformarsi in un valore sociale non meno importante per la collettività: la felicità.
Nella storia ogni tentativo di fermare questo genere di transizioni verso forme più spinte di democrazia si è rivelato inutile, ed ha generato solo sofferenze se non addirittura accelerato le spinte evolutive.
Meglio allora accompagnare i processi evolutivi della partecipazione, migliorando l'informazione dei cittadini e la loro formazione culturale. Entrambe indispensabili a ciascuno per la formazione di quel libero convincimento che è alla base della qualità della partecipazione dei cittadini.
Tecnologie e strumenti per supportare la democrazia esistono da tempo e tutti abbiamo avuto occasione di utilizzarli in questo periodo di pandemia.
Quello che manca sono riforme per liberare l'informazione dai rigidi schemi elaborati durante il fascismo nel nostro Paese e mantenuti pressoché inalterati, sino ad oggi. Politiche per restituire alla scuola ed all'università il ruolo che gli è proprio in una società moderna.
Riforme atte a ridurre sempre più l'intermediazione politica dei partiti con il corpo elettorale, man mano che la partecipazione informata dei cittadini sarà sempre più in grado di assumere la responsabilità "diretta" delle scelte.
Questo è la visione del MoVimento Cinque Stelle, il "sogno" che mi ha spinto a farne parte anni fa e che ogni giorno che passa mi sembra più reale.